Naranjo de Bulnes-5
La prima volta che ho sentito nominare il Picco d’Europa è stato sul cammino di Santiago. Me ne parlò un ragazzo, che arrivava da lì, con gli occhi pieni di gioia, descriveva quanto fosse selvaggio e unico quel complesso di montagne.
Durante il viaggio ne incontrai altri, negli occhi di chiunque ne parlasse si scorgeva l’incanto che custodiva quella montagna, come fosse un tesoro, la pietra Filosofale per noi scalatori.
Il picco d’Europa e in particolare il Naranjo de Bulnes, chiamato dagli spagnoli anche Urriellu o semplicemente Picos per la sua importanza, è anche rinomato per il colore delle sue pareti che al tramonto trasformano il grigio del calcare in un arancio acceso che lo contraddistingue dagli altri come fosse il protagonista dello scenario.
Due anni fa andai per la prima volta nel Picco d’Europa scalando la parete Ovest, la Rabadà-Navarro una delle vie storiche del massiccio, la mia cordata era con Anjeliño, mentre la restante parte del gruppo, Isa e Jorque, scalarono la Cepeda.
Quest’anno sono tornato con una mia compagna di avventure, nei Pirenei, Pedriza, Sierra de Gredos ecc. Mery Torres. Abbiamo vissuto il Picco per 4 giorni attrezzando il campo base in un’insenatura tra due rocce, scalando la parete da altri due versanti per le Vie Pidal-Cainejo (versante nord) il 31 agosto e la Pies Frios (versante est) il 2 settembre 2018.
Scalando la parete si respira un’aria di rispetto, come se la montagna stessa, fosse viva, un silenzio dedicato a chi la scala come fosse la mecca, la parete culmine del complesso, tutti gli scalatori che la conoscono sognano di scalarla almeno una volta, quando la si scala non si può che rivolgere un pensiero a chi prima di te è passato da lì, ai vari tentativi delle varie pareti, insomma si percepisce la storia che c’è in quelle fratture nella roccia.


Tra un passo e l’altro i pensieri sono tanti, ma solo l’ultimo va alla vetta, tanto attesa e desiderata.
La soddisfazione di arrivare in cima è immensa, ai nostri occhi si apre un panorama magnifico, da un lato il mare del Nord, dall’altro montagne erette, alte pareti che aspettano lì, eterne, per essere scalate.
Luciano Brucoli